La casa che rende folli

Vengo chiamato in fretta e furia a casa di uno dei nostri clienti abituali, un brav'uomo che nel corso della propria vita ha fatto solo quattro errori: i figli.

Intanto perché sono proprio i figli la causa del problema: correndo e agitandosi per casa hanno intercettato il filo che dalla presa del telefono va al router, strattonandolo quindi con forza e costringendo il povero suddetto router a schiantarsi al suolo.

Il guaio è che si tratta di un router fornito da Wind e - vuoi perché siamo sotto le feste, vuoi perché i router sostitutivi sono merce rarissima - gli hanno preventivato almeno una settimana di attesa (scopriremo in seguito che in realtà aspetterà oltre un mese) prima di poter tornare a connettersi a Internet con un'apparecchiatura fornita dal suo operatore.

Ecco quindi che entriamo in scena noi: gli forniamo un router-muletto da usare fino a che i tecnici di Wind non interverranno.

Ovviamente tocca al sottoscritto andare a installare l'apparecchio e ad affrontare la Casa che Rende Folli.

Esagero? Proprio no.

Arrivo, e vengo accolto da una notizia apparentemente positiva. I figli che mi ronzeranno intorno saranno tre e non quattro, dato che il maggiore ha deciso di riparare dalla nonna.
E perché mai ha deciso così? Perché una delle sorelle - la figlia Numero 3 - ha invitato per quel giorno un manipolo di amiche con le quali sta giocando. Orrore.

Siamo all'inizio di dicembre, fa un bel freddo, e queste niente di meglio trovano da fare che correre dall'ingresso della casa al cortile, poi di nuovo all'ingresso, quindi in taverna, poi di nuovo all'ingresso e quindi in cortile, poi intorno alla casa per rientrare e scendere ancora in taverna... e via di seguito. E non in silenzio. L'intera operazione è accompagnata da un urlo a più voci che suona press'a poco come «eeeeeeeeeeeeeeeeeeEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH!». L'urlo - e il passaggio delle donzelle a pochi centimetri da me, dato che la mensola del router è di fianco alla porta d'ingresso e a un paio di metri dalla scala che scende in taverna e sale al piano superiore - continuerà per tutto il tempo dell'assistenza.

Mentre già il mal di testa inizia a prendere piede, nella parte alta della scala appare il figlio più piccolo (Numero 4) che si appollaia su un gradino e osserva interessato la situazione. Non fa, per ora, alcun rumore.

Mi appresto a togliere dalla scatola il router ed ecco la figlia Numero 2 che s'unisce alla combriccola. S'avvicina, inclina la testa, mi fissa, si concentra. E inizia la cantilena: «Ma quanto tempo ci vuole? Ma poi Internet mi va? Ma quanto va veloce? Ma va più veloce di prima? Ma ci metti tanto? Ma io devo fare i compiti... mi dai Internet? E quanto tempo ci metti?».
Inutile darle una stima del tempo necessario: continuerà comunque a ballarmi intorno ripetendo le stesse domande con scarsissime varianti. e sarà appagata soltanto quando avrò annunciato che la connessione è tornata.

Quindi per ora ho un piccolo tornado femminile che periodicamente mi passa vicino gridando «eeeeeeeeeeeeeEEEEEEEEEEEH»  e una voce petulante che ripete «Ma quanto tempo ci vuole? Ma posso fare i compiti?».

Spero vivamente che non accada altro, quando anche Numero 4, dalla propria postazione sopraelevata, inizia a ricoprire il proprio ruolo di disturbo. Evidentemente già annoiato dallo spettacolo, esibisce una voce profonda che mai si sospetterebbe in un bambino tutto sommato piccolo  (e simile in maniera inquietante a quella adottata da Francesco Pannofino per il doppiaggio di Tom Hanks in Forrest Gump) ma anche completamente priva di espressione e attacca: «Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma» a ripetizione.

E perché la mamma non risponde? ci si potrebbe chiedere. Perché non è lì, né nelle vicinanze. Ma la cosa non disturba Numero 4 che, avviato il segnale di soccorso, può evidentemente disattivarlo solo con la presenza della genitrice. La quale non si paleserà.

Dunque la successiva mezz'ora passa all'incirca così:

- Tolgo il router dalla scatola
«eeeeeeeeeeeeeEEEEEEEEEEEEH» (sfiorandomi di misura)
«Ma quanto tempo ci vuole? Ma posso fare i compiti?»
«Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma»

- Appoggio il router sulla mensola.
«eeeeeeeeeeeeeEEEEEEEEEEEEH» (passando nell'altra direzione)
«Ma a me Internet serve per scuola. Ma va più veloce?»
«Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma»

- Inizio a collegare i cavi.
«eeeeeeeeeeeeeEEEEEEEEEEEEH» (eccole che tornano)
«Ma quanto tempo ci vuole? Ma posso fare i compiti?»
«Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma. Mamma»

E così via. Fino a diventare folli.

Il padre? Uscito per commissioni non rimandabili. Onestamente, non posso dargli torto.