Password? Quale password?

Gli impiegati che costellano la cornice del monitor con post-it sui quali sono scritte in bella vista le credenziali per accedere a conti bancari, informazioni sanitarie, piani assicurativi - e naturalmente al PC - sono ormai una vista così frequente da essere diventati un luogo comune.
La segretaria della piccola azienda presso cui mi trovo a fare assistenza tuttavia adotta un sistema tutto suo.
Tanto per cominciare, aborrisce i post-it sullo schermo: sostiene che «fanno disordine». Di conseguenza, ha ricoperto l'intera cornice con delle strisce di scotch di carta, sulle quali scrive a penna o pennarello le password e i nomi utente che maggiormente le interessano. In questo modo lo schermo resta ordinato.
Dato che però di tanto in tanto le password cambiano, per evitare di dover rimuovere l'intera striscia l'intraprendente signorina si ingegna ogni volta per rimuovere soltanto la sezione di nastro che contiene l'informazione ormai superata, e la sostituisce con una nuova sezione sulla quale provvederà poi a scrivere la nuova password. Il risultato è uno schermo che sembra sbucare da una coperta patchwork.

Il peggio però non è questo.

Il fatto è che la segretaria in questione ha un rapporto quantomeno conflittuale con ogni attrezzatura informatica, e possiede anche la capacità di dimenticare all'istante qualunque password o credenziale. Il che potrebbe essere positivo qualora venisse rapita, quantomeno dal punto di vista della sicurezza della ditta, ma è estremamente scomodo in qualunque altra situazione.
In conseguenza di ciò, le strisce intorno allo schermo sono sì essenziali ma non sono l'unico ausilio utilizzato: c'è infatti anche un corposo bloc-notes su cui la signorina s'è diligentemente annotata ogni informazione utile, tra cui ovviamente anche tutte le password.
Si rassegnino tuttavia i malintenzionati: raccapezzarsi tra i fogli del bloc-notes, che sembrano non avere mai fine e non paiono scritti secondo alcuna logica umana, è un compito impossibile. Pazienza, si potrebbe obiettare. Basta leggere la password sullo scotch intorno allo schermo.
Ma nemmeno questo è possibile, o quantomeno non è agile, poiché la segretaria deve usare un alfabeto tutto suo, che ha una certa innegabile somiglianza con quello latino eppure se ne differenzia in maniera sostanziale.

Risultato? Ogni volta che devo intervenire sul suo computer sono comunque obbligato a chiedere a lei qualsiasi password mi serva, sebbene in teoria essa sia scritta in almeno due posti a portata di occhi e di mano. Finché sono password che usa spesso, ce la si cava in fretta: non se le ricorda, ma sa dove le ha scritte. In caso siano password da lei usate raramente, invece, di solito le cose vanno così:

Io: Ok, adesso avrei bisogno della password di accesso.
Segretaria *guardandomi persa* : Uh, dev'essere quella lì... Momento. * inizia a scartabellare nel blocco* Forse è $password1?
Io *digito $password1, che ovviamente non viene accettata* : No, riproviamo.
S *dopo aver scartabellato un altro po'* : Allora... $password2!
Io *digito $password2, con lo stesso risultato di prima* : Neanche.

A questo punto la segretaria è persa... Passa qualche minuto a guardare alternativamente lo schermo, poi il blocco, poi ancora lo schermo, poi si decide.

S: Chiamo.

A quel punto afferra il telefono e chiama il dipendente che ha, secondo lei, la maggiore probabilità di conoscere una delle sue password. Non sempre il primo tentativo è fruttuoso, ma la segretaria non demorde mai, e alla fine ottiene sempre ciò che vuole.

Solo un dubbio le resta: per qualche motivo, gli interventi presso il suo computer richiedono sempre molto più tempo rispetto a quelli eseguiti sul computer di altri. E non si capacita proprio del perché.